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Biciclette di carta

Domani, giovedì 23 Aprile, si festeggia la giornata mondiale del libro e del diritto d'autore promossa dll'UNESCO.
La giornata rappresenta l’occasione per celebrare solennemente i molteplici ruoli del libro nella vita della società umana e per proporre una importante riflessione  sulle politiche culturali, dove centrale resta l’educazione alla lettura e il ruolo che le biblioteche svolgono in questo senso.
Sappiamo, che l'Italia è un paese dove, purtroppo, si legge poco, molto poco: ognuno di noi legge, mediamente, meno di due libri all'anno e il 60% degli italiani non legge neanche un libro nel corso di un anno; un dato che ci pone in coda tra gli Stati europei. Lo sapevamo ma la cosa ci rattrista comunque.

Noi di Amolabici abbiamo, allora, deciso di dare il nostro piccolo contributo per promuovere la lettura creando questa pagina nel blog che sarà dedicata ai libri che hanno come tema - diretto o indiretto - la bicicletta, il ciclismo come sport, turismo, cultura, nel tentativo e nella speranza di legare tra loro due passioni: quella della bicicletta e quella della lettura.
Ogni libro presentato sarà accompagnato da un breve brano tratto dal testo medesimo e un piccolo commento senza la pretesa di essere una vera e propria recensione.
Buona lettura a tutti.

" A BOLOGNA LE BICI ERANO COME I CANI"
di Paolo Nori

"A Bologna le bici erano come i cani" non è un libro dedicato alla bicicletta ma è un libro che racconta la storia di un mondo che lentamente sta scomparendo in cui la bicicletta rappresentava una compagna fedele e insostituibile.
Uomini e biciclette, uomini "di una volta": semplici, diretti che amavano il proprio lavoro a cui avevano dedicato tutta la propria vita.

Paolo Nori racconta tutto ciò non con particolare nostalgia ma con piacevole stupore. Lo stupore di chi si accorge che accanto a sè esistono ancora realtà diverse che provengono da lontano e che se ne stanno andando silenziosamente, discretamente,  lasciandoci infinitamente soli.

"Benito l'avevo portato al centro Borgo per prendere il registratore. Ci eravamo dati appuntamento davanti al parcheggio delle bici, dalla parte della via Emilia, e avevo appena parcheggiato che era arrivato anche lui, sulla sua bicicletta, che era una bici da uomo, una bella bicicletta, di quella vecchie, con i freni ancora con le stecche; figurava bene, su quella bici. A vederlo, mi erano venuti in mente due versi di Zavattini sull'Emilia: Da noi si è vecchi solo il giorno che non si può più alzare la gamba sopra il sellino"


Paolo Nori "A bologna le bici erano come i cani", 2015 Ediciclo










"CONTROVENTO: IL MIO GIRO DEL MONDO IN BICICLETTA"
di Juliana Buhring


Fare il giro del mondo non è cosa da poco, farlo in biciletta è un'avventura, se poi chi ha deciso di farlo è una donna diventa una sfida, infine se la ragazza in questione non hai mai pedalato in vita sua ci troviamo di fronte a cosa?
Juliana Buhring oggi è considerata una delle più forti cicliste endurance al mondo ma quando nel 2012 decide, dopo aver appreso la notizia della morte di un carissimo amico, di essere la prima donna al mondo a compiere il giro del mondo in bicicletta confessando, candidamente, di non aver mai pedalato e di non possedere nemmeno una biciletta...sono davvero in pochi a crederle.
Libro consigliato a chi non pensa che "volere e potere"!

"Hai un allenatore che ti prepari per la gara?" chiese Mario.
"No, al momento mi sto allenando da sola".
"Un attimo". Mario compose un numero e parlò al telefono per alcuni minuti. "Ok" disse riattaccando. "C'è un allenatore sportivo specializzato nel preparare ciclisti per le gare. Si chiama professor Perna e ha detto che ti aiuterà a prepararti"
Il nome completo del mio allenatore era Umberto Perna, ma "Professore" faceva molto 007, quindi inizia a chiamarlo così. (...) 

Continuavo a chidermi se il Professore davvero credesse che avrei potuto fare il giro del mondo in bicicletta o se mi considerasse un caso patologico da aiutare.(...) Probabilmente, era curioso di vedere fin dove sarei arrivata. Era già abbastanza raro trovare una ragazza dell'Italia meridionale interessata al ciclismo e di certo non ne aveva mai allenata una: figuriamoci poi un'impresa di quel genere. "Ricorda", mi diceva, "anche se non completerai il percorso, avrai comunque fatto qualcosa che nesun altro ha mai tentato"

Juliana Buhring "Controvento. Il mio giro del mondo in bicicletta", Ultra 2016










"CIO' CHE CONTA E' LA BICICLTETTA"
di Robert Penn


Robert Penn, Ciò che conta è la bicicletta
Ponte delle Grazie, 2011

L'autore vive nel Galles con la moglie e tre figli. Usa la bicicletta per andare al lavoro, per fare la spesa, per amore di libertà, per scappare dal mondo. Robert ha pedalato a lungo attraversando 40 paesi nei cinque continenti.
A un certo punto della sua vita decide di regalarsi non una bicicletta ma "la bicicletta"quella dei propri sogni, e da quel momento incomincia la sua avventura per il mondo alla ricerca di "quel" componente che andrà ha dare forma e concretezza al suo sogno su due ruote, e lo fa raccontandoci anche la storia di quel componente "componendo" così una propria originale storia della bicicletta.
Un libro bellissimo, avvincente, io lo tengo sempre sul mio comodino accanto al letto e ogni tanto lo sfoglio e rileggo alcune pagine per riconciliarmi con il mondo.

"Ho bisogno di un veicolo talismanico, che in qualche modo rispecchi la mia storia ciclistica e porti con sé le mie aspirazioni ciclistiche. Voglio artigianato, non tecnologia; voglio una bicicletta che possieda un carattere; una bicicletta che non sarà mai il modello dell'anno. Voglio una bicicletta che mostri il mio apprezzamento per la tradizione, la cultura e la bellezza delle biciclette. Il nomignolo che i francesi danno alla bicicletta è la petite Reine; io voglio la mia piccola regina.
So dove iniziare. Il telaio della bici verrà realizzato su misura, e a mano, da un artigiano. Pochi lo sanno, ma è possibile fare un telaio su ordinazione, progettato per adattarsi alla vostra corporatura e messa a punto per il tipo di uso che farete della bicicletta...Sessant'anni fa, in ogni città del Nord Italia, della Francia, del Belgio e dell'Olanda  c'erano almeno un fabbricante di telai....Questi artigiani producevano poche decine di telai all'anno, con una grande attenzione ai dettagli e con finiture personalizzate. Tim Hilton, nelle sue affettuose memorie dedicate alla scena ciclistica del dopoguerra...chiamava questi telai a mano "arte popolare industriale"...I migliori fabbricanti di telai artigianali hanno più cose in comune con gli artigiani che realizzano orologi Patek Philippe, le chitarre Monteleone o le camicie Borelli che non le grandi aziende che sfornano senza sosta telai in carbonio e in alluminio in fabbriche dell'Estremo Oriente. Non moltissimo tempo fa, una buona parte degli oggetti che possedevamo vibrava della perizia, e persino dell'dealismo, delle persone che li avevano realizzati: il fabbro che costruivano in nostri utensili, il calzolaio, il tornitore, il falegname, il carraio, la cucitrice e il sarto che confezionavano gli abiti che indossevamo. Conserviamo gelosamente le cose che sono state ben costruite; col tempo, il valore che hanno per noi aumenta e quando le usiamo arrichiscono la nostra vita. Il telaio è l'anima della bicicletta. Il telaio della mia bicicletta sarà costruita in un unico esemplare, in acciaio".


Robert Penn "Ciò che conta è la bicicletta"


"ADDIO BICICLETTA"
di Gianni Brera

Capita, quando si leggono diversi libri su uno specifico argomento - come ad esempio quelli dedicati ad uno particolare attività sportiva, che alla fine  il tema sul quale abbiamo concentrato la nostra attenzione, ci appaia scontato: certo, alcuni scritti ci risulteranno più avvincenti, altri redatti con miglior stile, altri ancora dalla lettura scorrevole, però, dopo aver accumulato sul proprio comodino una certa quantità di titoli,  può subentrare, appunto, nel lettore appassionato, una certa noia...
E' normale! Spesso dovuto più al lettore che inavvertitamente ha esaurito, libro dopo libro, la propria curiosità e le proprie "aspettative".
Ci sono, per fortuna, autori e libri che sono in grado di risvegliare di colpo tutta la nostra originaria passione: è il caso di "Addio biciletta" del giornalista/scrittore Gianni Brera.
Pubblicato per la prima volta alla fine degli anni Cinquanta con il titolo originale "L'avocatt in biciletta", Brera, attraverso il racconto autobiografico esposto in prima persona dal mitico Eberardo Pavesi, ci introduce, con un linguaggio semplice e schietto direttamente alle origini del ciclismo agonistico nei primi anni del '900.
E' la storia dei "giganti della strada" che hanno scritto, prima ancora di Gianni, pagine indimenticabili del ciclismo eroico: Pavesi, Ganna, Galetti, Gerbi.
Un libro imperdibile.

"Per la XX Settembre partimmo in sessanta. A noi ci facevano moine come a stranieri, gente d'un altro mondo, e per niente temibile. Ci chiamassimo Gerbi o Cuniolo, poco importava. L'Italia era molto lunga, in quegli anni".
Cuniolo montava la Rudge come me e il rappresentate di Roma ci offrì assistenza da una Temperino che era un'automobile di pochissimi pregi.(...) Il percorso non era identico nei due sensi. A Napoli si scendeva per Cassino, a Roma si tornava per Terracina. partimmo alle otto da piazza del Popolo e andammo per Colonna e Frosinone. la strada era lastricata al modo di Romolo e Remo, con polvere molta e sassi da stroncare.(...) Noi non prendemmo viveri fidando nella Rudge di Roma. E ce ne pentimmo assai. Dei quattrocentosessanta chilometri, la temperino al più ne avrà fatti dodici.
(...) Per fortuna Albini montava una Turkheimer e qualche soldo, per il pane, l'aveva rimediato. Dividemmo quello a mezzodì, moccolando. Cuniolo si ritirò quasi subito. Come era polvere in coda, pensammo di rimontare. E lo facemmo con tale impegno da trovarci da soli a guidare la corsa. Albini, Rossi ed io. Tre lombardi. Rossi era poco allenato e verso Cassino lo piantammo. Così fummo noi due soli che già inbruniva. Le campane dell'Ave ci seguivano petulanti. I contadini, sulla soglia, mangiavano cena. Quando, affamati, scendemmo a chiedere qualcosa, ci diedero da pulire le pignatte. Che noi pulimmo.E tutta la corsa XX Settembre eravamo noi due soli nell'Agro: noi per la poca gente stranita dalla malaria, noi per i bufali neri accosciati nel brago ai margini della strada, noi per il lupo che ci ululava dentro mordendo le carni, per la nostra maledetta fame di poveri, per la gambe indurite che dolevano."
  
Gianni Brera "Addio biciletta", Longanesi 1964    



09 Maggio 2015

Eccoci qui a presentare un libro tutto "piacentino": "Piacenza pedala. Storia e personaggi della bicicletta"

Il libro racconta, prevalentemente per immagini, ma non solo, la "scoperta" e l'evoluzione della bicicletta a Piacenza - questi "strani veicoli" come li definì all'epoca, 1873, un cronista de "Il Progresso" al loro primo apparire per le strade della città.
Edito da  Foto Croce, Museo della Fotografia e la Comunicazione,  e a cura di Graziano Zilli, il libro racchiude tutto il fascino e il piacere di un album di famiglia che ripercorre, cronologicamente, 150 anni di storia locale della "macchina prefetta", dal suo primo apparire a fine '800 fino ai giorni nostri, ricordando molti personaggi locali che di questa storia sono protagonisti: pionieri velocisti come Arturo Castagnola; costruttori come Giuseppe Merosi con la sua "La Piacentina", i fratelli Orio, Araldi e Gino Boselli creatori del marchio Arbos; abilissimi meccanici artigiani quali Paolo Lucchini, Gaetano Rivaroli, Odoardo Omorame, Renato Rivaroli; corridori mitici come Amedeo Polledri, gaetano Politi e ovviamente il campione olimpico  Attilio Pavesi (1932).
Ad arricchire ulteriormente l'opera, i contributi di Giuseppe Biasini con la sua bella prefazione, Giancarlo Andreoli ("la bicicletta bisognava averla") e Benito Dodi.

"LA BICICLOTA"

Me faris al munumait
a chi à inventé la biciclota.
Gh'é 'l post da mot al cul,
cu 'd mot il man
cu 'd fè girè il rod,
cu 'd  guidè.
L'è un zogh, a tri,
par pò, mèi pò finì.
Mia 'd bal:
ètar che 'caval!

Io farei il monumento / a chi ha inventato la bicicletta. /  C'è il posto dove mettere il sedere / quello dove mettere i piedi / quello dove mettere le mani / quello per fare girare le ruote / quello per guidare. / E' un gioco, a tre / per di più, mai più finito. / Mica balle: / altro che il cavallo!

Ferdinando Cogni (da "Piacenza pedala", GM Editore, Piacenza 2015)




18 maggio 2015

Oggi presentiamo un libro che merita di essere conosciuto e letto da chi, non solo ama andare in bicicletta, ma soprattutto da coloro che amano la bicicletta, "la macchina" come si usava dire ai primi del '900 e tutto ciò che essa ha rappresentato e rappresenta nella cultura e nell'immaginario colletivo: futuro, speranza, riscatto, emancipazione, libertà, fatica, tanta fatica: Imerio. Romanzo di dannate fatiche.
Il romanzo riesce a pizzicare le corde del lettore su questa specifica sensibilità verso la macchina, raccontando la storia  di Imerio Massignan, corridore veneto - della Valmarana - che nel 1960 vinse la classifica scalatori al Tour de France, mentre molti propri concittadini abbandonano la propria terra, il Veneto (regione, allora, tra le più povere d'Italia) alla ricerca di un lavoro e nel tentativo di lasciarsi alle spelle fame e miseria.
Imerio pedala, pedala forte, come tanti altri italiani, alla ricerca di un possibile riscatto, attraverso una disciplina dura e faticosissima. E a volte il solo pedalare non basta, la fortuna può anche abbandonarti a pochi chilometri dall'arrivo sotto forma di una banale foratura.

"Imerio Massignan partì da dietro, in un breve intervallo tra due tornanti del Passo del Tonale, Il Gavia era ancora troppo lontano perchè qualcuno dei leader della corsa, per un motivo o per l'altro, rispondesse all'attacco, e poi le sue rasoiate provocavano fitte di dolore anche alle gambe di uno come Charly Gaul che, sulla montagna aveva scritto la grande epopea dell'Angelo Biondo. Imerio salì con foga, macinando curve per raggiungere per primo il piccolo piazzale della chiesa di Valmarana e dimostrare a tutto il paese che non era affatto brutto e storto...Imerio scese su Ponte di Legno seguende come un amanuense le traiettorie di Rick Val Looy e appena iniziò il Gavia abbandonò il belga senza bisogno di scatti, solo tenendno il suo passo terribile.  Avanzò lungo la montagna ancora inesplorata non osservando nulla intorno a sé, ma guardando avanti dove, per inasprire la pendenza, tratti di asfalto si alternavano a lunghe tirate di sterrato. Ogni tanto sentiva provenire degli incitamenti nella sua lingua: "Massignan cori che da drio no i ghea fa. Dai che te fe morir Anquetil. Cori, Imerio, cori".


Marco Balestracci "Imerio. Romanzo di dannate fatiche", Instar Libri, 2012



1 commento:

  1. Complimenti ragazzi, bellissima iniziativa!!!! Credo proprio che ve la "ruberò"!

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